Scherzi del caso
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Scherzi del caso

Aggiunto da Elena Romeo

Corso di Porta Ticinese, 45 Milano
  • Prezzo: spettacolo
  • 392 2670761

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Scherzi del caso
sincronia in due atti da Cechov

da “L’orso” e “Domanda di Matrimonio” di Anton Cechov

REGIA Sylvia Katrina Milton e Francesca Tripaldi
Con (in ordine alfabetico)
Lorenzo Demaria, Valeria de Santis, Davide D.Gasparro, Gilberto Giuliani, David Amadeus Meden, Laura Palmeri
SCENOGRAFIA, COSTUMI, LUCI Marika Petrizzelli

Prendendo in mano i due atti unici di Čechov presentati in questo spettacolo, L’orso e La domanda di matrimonio, abbiamo ritenuto necessario affrontarli con leggerezza, vista la definizione che l’autore stesso ne dà: scherzi in un atto. Abbiamo quindi scherzato con i testi e lasciato che loro scherzassero con noi, visto che l’ironia è la chiave d’accesso che Čechov usa per cogliere quel “qualcosa di così umano” che sa far sorridere e immalinconire allo stesso tempo.
Questi atti unici non hanno una trama complessa in cui i personaggi compiono un sostanziale percorso di crescita e cambiamento; ci vengono piuttosto presentate delle circostanze, delle situazioni, in cui sotto la lente di ingrandimento ci sono i piccoli gesti quotidiani che possono rivelare l’universale in cui lo spettatore può riconoscere se stesso e i suoi vicini di casa.
Molto spesso nella vita è la casualità, e non l’intenzionalità, ad innescare quelle circostanze ed a causare quei cambiamenti che saranno davvero sostanziali nel percorso di ciascuno di noi. Anche
in questi atti unici il meccanismo della casualità e dell’ineluttabilità ci appare dichiarato. Il palco è popolato prima di tutto da persone, che solo nel caso in cui il caso ve le spinga, cadono nelle circostanze proprie dei personaggi čechoviani. Vedremo quindi la vedova Elena Ivanovna Popova e il suo cameriere Luka alle prese con l’ir ruento creditore Grigorij Stepanovič Smir nov (L’orso) e gli impacciati tentativi di Ivan Vasil’evič Lomov nel chiedere la mano di Natal’ja Stepanovna, tipica zitella dal carattere difficile figlia di Stepan Stepanovič Čubukov (La domanda di matrimonio). Accanto a loro c’è l’Uomo (qualunque), per il quale il caso non ha ancora trovato la
giusta situazione in cui cadere e che si aggira per il palco senza un reale scopo, inquietante e divertente fantasma dell’umanità che non sa trovare se stessa.
Alla luce di ciò si è pensato di operare drammaturgicamente sui testi – che nascono come opere indipendenti l’una dall’altra – per renderli interconnessi, immaginando che le tre famiglie presentate nei due testi (i Popov, i Čubukov e i Lomov) possano essere vicini di casa, le cui azioni quotidiane hanno un reale effetto sulla quotidianità degli altri. Questa operazione drammaturgica si riflette sulla scenografia modulare, che permette di svelare, ma solo al momento opportuno,
“l’altro lato della maschera”. L’idea che sottende a questa scelta è quella di comprimere il minuzioso realismo di Čechov, inserendolo in una dimensione quasi atopica e atemporale, mantenendo alcuni elementi dell’ambientazione originaria, talvolta ridotti ai minimi termini, talaltra moltiplicati ed amplificati, senza paura di risultare ridondanti.
Il risultato è una mise en éspace essenziale che ha lo scopo di valorizzare al meglio il personaggio in quanto persona, contrariamente alle convenzioni che vogliono il teatro come luogo del fasto. La scelta del costo ridotto della messa in scena non è dettata, inutile dirlo, solo da ragioni di estetica, ma anche dalla ricerca di un teatro di qualità in un momento storico in cui il teatro di qualità
sembra aver ragione d’essere solo se ad alte spese.

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